Percorso ecomuseale di Centopertose

“L’ecomuseo è un’istituzione culturale che assicura in modo permanente,su un dato territorio, le funzioni di ricerca, presentazione,valorizzazione di un insieme di beni naturali e culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che vi si succedono, con la partecipazione della popolazione stessa.”(G.H.Rivière)

Il desiderio continuo, nato dalla convinzione che questo luogo conservi ancora in sè storia e tradizione, ha contribuito nel tempo alla creazione di questo progetto. Nasce così il “percorso ecomuseale di Centopertose”, con il tentativo di valorizzare il territorio riscoprendo le memorie, le testimonianze al fine di tramandarle alle future generazioni. Oggi il sistema politico non ci permette, almeno nella nostra Campania, di avere una regolamentazione sugli “Ecomusei”, ma la voglia di fare luce su quello che molti avevano dimenticato era tanta. Dopo svariati tentativi, e di concerto con l’amministrazione pubblica, l’Istituto scolastico e i privati detentori che occupano quel territorio, nasce un protocollo di intesa, garantendo così una forte e incessante sinergia. Un “patto con la comunità” che ci ha aiutato, di volta in volta, ad intraprendere le necessarie azioni: dalla ricerca storica a quella ambientale dove ogni “attore” ha svolto il proprio ruolo raggiungendo così l’obiettivo dell’inaugurazione, attraverso l’istallazione di una “Mappa di Comunità” con il progressivo incremento di “visitatori”.

Percorso ecomuseale di Centopertose

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Il Convento di San Giovanni nella lista rossa dei beni culturali in pericolo

 

Può, un bene culturale, essere tutelato e valorizzato? Sicuramente si,ma solo se lo si conosce e lo si ama; e grazie a questo spirito che come Pro Loco abbiamo accolto l’invito di Italia Nostra per l’inserimento nella “La lista rossa dei beni culturali in pericolo” il Convento di S. Giovanni a Gaiano dè Frati e portare così all’attenzione la sua importanza e lo stato di abbandono. I resti della chiesa e del convento, ricoperte di vegetazione spontanea, insistono su un’area posta al confine tra il territorio del comune di Casagiove e quello di Casapulla. Già nel 1776 era in rovina essendo stato abbandonato dai frati decenni prima, ma nonostante l’incuria sopravvivono le architetture della chiesa e del convento e resti pittorici databili al XIV sec. L’iniziativa rappresenta un passo importante per il riconoscimento, la comprensione e l’interpretazione del nostro territorio, delle sue risorse e dell’opera dell’uomo. Tra gli intervenuti, oltre la dott.ssa Maria Rosaria Iacono presidente Italia Nostra, la dott.ssa in Storia dell’arte Teresa Ventrone della Pro Loco e l’arch. Nadia Marra, consigliere Italia Nostra della Sezione di Caserta, che hanno illustrato l’ architettura del convento e la necessità della lista rossa di Italia Nostra.

 

 

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Convento di S. Giovanni a Gaiano.

Posto al confine tra Casapulla e Casagiove, il convento di S. Giovanni a Gaiano, con annessa chiesa, sorgeva in un territorio, alle pendici del Tifata, da sempre noto con il  toponimo di “gaiano”. Le prime citazioni del monastero e della chiesa di S. Giovanni  a  Gaiano risalgono al XIII secolo d.C. mentre la data della sua  soppressione, ad opera dell’arcivescovo di Capua Camillo Melzi come ricorda lo storico Franceco Granata, fu  il 28 settembre 1655 per decreto di papa Alessandro VII.  La giustificazione del severo provvedimento della Santa Sede, fu l’inosservanza della regola e l’ospitalità offerta ai malviventi da parte dei religiosi che vi risiedevano. In seguito alla soppressione del convento, una campana, la mezzana, e parte degli arredi sacri furono trasferiti,insieme alla cinquecentesca statua di S. Giovanni Battista, nella chiesa di S.Elpidio in Casapulla. Ancora il Granata, nel suo scritto del 1766, riferisce che a quel tempo di tale complesso monastico restavano “in piedi le Mura della Chiesa, e del Convento, mezzo dirute”. Risulta però dai documenti, che nel 1837 fu usato come luogo di sepoltura per i Casapullesi morti a causa della violentissima epidemia di colera scatenatasi in quell’anno. E’ noto, inoltre, che i Casapullesi si recavano in processione presso il cenobio di S. Giovanni a Gaiano portandovi la statua di S.Elpidio, patrono del paese. I resti del convento attualmente visibili insistono su un terreno di proprietà privata e sono seminascosti da un fitto groviglio di vegetazione, erbacce e rovi, superato il quale si offrono alla vista i ruderi di quella che probabilmente doveva essere la chiesa annessa al convento. Si possono notare i resti della parte terminale della navata e della zona absidale. Gli ambienti sono coperti da volta a botte e illuminati da finestroni. Nelle pareti laterali si aprono nicchie che dovevano  contenere statue. Sulla destra si nota un corridoio coperto a volta, che forse metteva in comunicazione la chiesa con il convento. Le strutture sono molto deteriorate, ma conservano notevoli resti di affreschi che dovevano ricoprire interamente le pareti. Si possono notare anche sovrapposizioni di affreschi e intonaci di epoche successive. Appena entrati sulla sinistra vi è un affresco, probabilmente databile al 1500-1660, raffigurante forse una stazione della via Crucis (Gesù aiutato a portare la Croce). Nei punti in cui l’affresco è scrostato, è possibile vedere le tracce del disegno preparatorio sullo strato di intonaco sottostante. Sulla parete a destra dell’abside si trovano gli affreschi meglio conservati: un tondo con l’immagine del Cristo, affiancato dalle figure di due arcangeli, probabilmente databili al XIII-XIV sec. D.C.

Il Percorso tematico

Si comunica che il tratto CAI  è sospeso in vista di una rimodulazione della sentieristica (la zona Vallone e delle grotte persiste su un fondo privato e non è possibile attraversarlo senza autorizzazione)

Grazie al supporto del CAI (Club Alpino Italiano), il percorso è stato inglobato nel sentiero tematico di Centopertose. Da via IV novembre (un tempo punto di ritrovo per arrivare a centopertose) il sentiero si è così arricchito di istallazioni ed indicazioni che portano fino alla zona pedemontana del Tifata. Ora spetta alla comunità nel “prendersi cura”;non solo per  conservare ma anche saper utilizzare, per l’oggi e per il futuro, il proprio patrimonio in modo da aumentarne il valore anziché consumarlo.