Cappella dell’Addolorata e S. Nicola, detta di S. Biagio

Si tratta di una delle sei cappelle nobiliari esistenti a Casapulla, fatte erigere da esponenti delle famiglie nobili casapullesi, cui era riservato l’esercizio del culto e il diritto di sepoltura, e in genere annesse ai palazzi nobiliari delle stesse famiglie. Fu fatta costruire nella prima metà del 1700 e consacrata nel 1743 ad opera di Giovanni D’Amico, proprietario dell’attiguo palazzo nobiliare, cui la cappella è collegata tramite una scalinata e un accesso interno al palazzo, che conduce alla tribuna, da cui i signori assistevano alla Messa. Il nucleo antico del palazzo si conserva nell’impianto con atrio coperto a volta, che immette nel grande cortile centrale, su cui si aprono gli ambienti, tra cui alcune stanze che si affacciano sulla strada, riccamente decorate con affreschi molto ben conservati sulle pareti e sul soffitto. Nel 1853 nella cappella fu benedetta la statua dell’Addolorata, conservata ora nella chiesa di S. Elpidio. Non è certo quando vi sorse il culto di S. Biagio. La facciata è molto semplice e lineare, di gusto neoclassico settecentesco, caratterizzata da una cornice aggettante sul portale, un piccolo rosone e cuspide triangolare con cornice a dentelli. Un piccolo campanile è visibile sulla sinistra. L’interno, altrettanto lineare, è improntato ad un’ideale ricerca di simmetria, come rivelano le due false finestre dipinte sulla parete di sinistra, per corrispondenza con quelle vere che si aprono sulla parete opposta. Sull’altare di marmo policromo è una tela raffigurante la Vergine con ai piedi sulla destra S. Biagio. Sulle pareti ai lati dell’altare sono due quadri molto rovinati: quello sulla sinistra raffigura il parto di S. Anna, quello sulla destra forse un Arcangelo. ai lati dell’altare due quadri moderni con la Madonna del Rosario e S. Antonio da Padova. Sulla destra dell’altare , in una nicchia, si conserva un busto ligneo di S. Biagio, con il pettine di ferro e le pagnotte. Sul soffitto un affresco raffigurante la Santissima Trinità. Ogni anno in occasione della festa di S. Biagio, il 3 febbraio, si celebra la Messa e si benedice il pane.

San Biagio

Poco si conosce della vita di San Biagio. Si sa che fu medico e vescovo di Sebaste in Armenia in Asia Minore, che visse tra III e IV secolo D. C. e che il suo martirio è avvenuto durante le persecuzioni dei cristiani, intorno al 316, nel corso dei contrasti tra gli imperatori Costantino (Imperatore d’Occidente) e Licino (Imperatore d’Oriente).
Catturato dai Romani fu picchiato e scorticato vivo con dei pettini di ferro, quelli che venivano usati per cardare la lana, ed infine decapitato per aver rifiutato di abiurare la propria fede in Cristo. Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente, quanto in Oriente. Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra che operò numerosi miracoli, tra gli altri si ricorda quello per cui è più famoso, ossia la guarigione, avvenuta durante il periodo della sua prigionia, di un ragazzo da una lisca di pesce conficcataglisi nella trachea. Tutt’oggi, infatti, il Santo viene invocato per guarire i mali alla gola. Viene festeggiato il 3 febbraio in quasi tutta la penisola italiana. È tradizione introdurre, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle gole dei fedeli, impartita dal parroco poggiando due candele incrociate sulla gola (anticamente si usava olio benedetto). Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandati nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo. A Milano ad esempio si usa festeggiare in famiglia mangiando i resti dei panettoni avanzati a Natale: il panettone natalizio non si mangia mai tutto intero, riservandone sempre una parte per la festa del santo. E tuttora si vende a Milano il “panettone di san Biagio”, che sarebbe quello avanzato durante le festività natalizie. In altre città d’Italia si prepara dei dolci tipici con forme particolari, che ricordano il santo, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli. San Biagio, infatti, oltre che essere protettore dei “mali della gola” è anche protettore delle messi e del raccolto, infatti si usava distribuire ai fedeli un sacchetto di grano. In seguito al posto del grano si passò a distribuire pane benedetto, spesso pagnotte modellate in forme particolari, che nella forma ricordano vagamente la gola.

Don Donato Giannotti

Don Donato Giannotti nacque a Casapulla il 6 giugno 1828 da Don Luigi e da Donna Angela Maria Natale, appartenenti entrambi a due ricche famiglie locali. Venne battezzato come Donato Elpidio Gabriele Maria Lutgard. Tra le mura di casa ebbe la prima formazione dai genitori. Il piccolo Donato dimostrò, da subito, un’indole solitaria, infatti, invece di giocare, preferiva ritirarsi nella sua stanza per pregare.  Nel 1840 entrò nel seminario di Capua e, dato il suo alto profitto nello studio, il Vescovo Serra di Cassano gli affidò l’insegnamento nel liceo arcivescovile. Nel 1849 prese il primo degli ordini maggiori e due anni dopo, con i Padri Missionari dei Sacri Cuori di Don Gaetano Errico, istituì una cappella serotina nella chiesa parrocchiale di Casapulla; tale istituzione aveva il fine di conservare il fervore nelle missioni dei fedeli, istruire il popolo nel catechismo e spronarlo alla vita sacramentale e alle opere di carità. Ciò gli permise di conoscere Don Errico, che scelse come guida spirituale. Il 21 maggio 1853 venne ordinato presbitero e il 6 giugno del seguente anno, con altri sacerdoti, fondò a Casapulla la Congrega dell’Addolorata, che si aggiunse alle altre congreghe già presenti nel paese. I suoi scopi erano esercizi di pietà ed opere di beneficenza, quindi il prendersi cura dei ragazzi poveri, degli orfani e degli infermi poveri. Divenuto rettore della Chiesa della Pietrasanta di S.M.C.V., fondò nella stessa città un orfanotrofio maschile con l’aiuto dei Frati Bigi di San Ludovico da Casoria. Qualche anno dopo cominciò, invece, ad accogliere bambine povere ed orfane presso una casa presa in affitto. Alcune di queste, raggiunta l’età giovanile, manifestavano la volontà di vestire l’abito religioso, seguite anche da altre giovani. In tal modo, si gettarono le basi per la fondazione della Congregazione delle Ancelle di Maria Immacolata, nella quale le orfanelle facevano vita in comune con le religiose.  Nel 1873 fu nominato cappellano e confessore dell’Ospedale San Giuseppe di S.M.C.V. e gli venne consegnata la cappella della Pietrasanta, che, per suo volere, diventò la cappella dei frati Bigi, delle ancelle e degli orfani e funzionò come oratorio pubblico. Don Donato fu un uomo di profonda ed incrollabile fede in Dio e di immensa carità, aprendosi unicamente alle necessità altrui. Ci furono testimoni che parlarono di fenomeni straordinari a suo riguardo, quali la levitazione e i rapimenti estatici, che erano frequenti durante la celebrazione eucaristica e quando egli parlava della Madonna.  Ormai ultraottantenne Don Donato si spense il 26 febbraio 1914, dopo vari mesi di sofferenza.  Il 26 giugno 1996 l’arcivescovo di Capua Monsignor Luigi Diligenza diede avvio alla causa di beatificazione e il 29 dicembre 2011 Papa Benedetto XVI firmò il decreto che sancì la sua Venerabilità

Giovanni Orsomando

Chiunque abbia avuto un’esperienza (anche piccola) in una banda musicale, conosce sicuramente il nome del compositore e maestro Giovanni Orsomando, un vero punto di riferimento per la musica da banda. Nato sul finire del 1895 a Casapulla da Salvatore e Fortunata Baia, venne avviato precocemente dal padre, clarinettista della locale banda, allo studio della musica e, in particolare, del clarinetto. Egli mostrò subito spiccate attitudini musicali e compositive. Iniziò gli studi al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, avendo come maestri Picone, De Nardis e Caravaglios, ma essi furono interrotti dalla chiamata alle armi per il primo conflitto bellico. In quegli anni non abbandonò la musica, infatti occupò inizialmente il posto di 1° clarinetto nel 77° Reggimento Fanteria e successivamente, come sottotenente nel 117° Fanteria, organizzò una banda di 60 musicisti. Conclusosi il conflitto bellico, terminò gli studi al Conservatorio ed iniziò le prime esperienze come direttore di banda a Sturno e a Casapulla, che furono l’inizio di una lunga serie che lo portarono a girare per una decina di anni il Sud – Italia. Nel 1924 sposò Marianna Natale, dalla quale avrà 7 figli, tra cui Nicoletta, famosa volto della RAI, essendone stata una delle prime annunciatrici. Il lavoro di direttore di banda lo portò a comporre parecchia musica, tra cui molte marce sinfoniche, un genere che ebbe molta diffusione in quegli anni e a cui Orsomando conferì una definita forma musicale; esso rappresenta la più alta espressione musicale della musica per banda. Tra le numerosissime composizioni si ricordano “Annina” (dedicata alla moglie) e  “Cuore Abruzzese” (eseguita come tradizione dalle bande ospiti in occasione della festa patronale di Sant’Elpidio e giunta addirittura in Estremo Oriente). Nel 1938 arrivò l’incarico di Direttore della Banda Presidiaria della Milizia di Roma, il cui livello artistico raggiunto aumenterà la fama del maestro e della stessa banda. Essa precedeva tutte le manifestazioni del Duce e la radio nazionale ne trasmetteva due concerti a settimana. A Firenze, il maestro venne addirittura omaggiato dalla principessa Maria Josè, in occasione della manifestazione “Maggio Musicale Fiorentino”. Con la caduta del regime fascista nel 1943, la banda si sciolse e Orsomando, rimasto senza lavoro, iniziò la ricerca di una nuova occupazione, che trovò a Caserta. Nel 1945 tornò a Roma per ricongiungersi con la famiglia, dedicandosi alla composizione e impartendo lezioni di composizione e strumentazione per banda. Iniziò anche la docenza nelle scuole medie statali di Roma e divenne parte di diverse commissioni d’esame nei conservatori e di giurie per vari concorsi. Nel 1975 ottenne l’onorificenza della Commenda dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, quale autorevole componente della consulta artistica nazionale. Il Maestro morì a Roma nel 1988; solo due anni prima era stato a Casapulla, che lo aveva festeggiato con l’esecuzione di alcune sue composizioni. Il Comune l’ha omaggiato con l’intitolazione della strada in cui è ubicata la Villa Comunale e con l’organizzazione di un raduno bandistico nel 2006.