Il ruolo di questi “piccoli templi” era principalmente quello di proteggere il luogo dove venivano edificati, o semplicemente rassicurare il viandante lungo il suo cammino; e così le “edicole votive” iniziarono a prendere vita ad incroci o punti di sosta, diventando oggetti di culto ed occasioni di preghiera. Ma la loro funzione non fu legata esclusivamente ai riti devozionali, in quanto spesso il loro impiego si trasformava in vere e proprie segnaletiche. L’utilità era nel distinguere i confini di un possedimento agricolo, delimitare le tappe di una processione o semplicemente per indicare il percorso verso un santuario. Ma fu nel settecento napoletano che ebbe inizio la loro espansione grazie al Padre domenicano Gregorio Rocco con l’invenzione di una “mappa devozionale”, divenuta poi una vera rivoluzione urbana in quanto si ottenne, con questo stratagemma, la prima illuminazione. La storia racconta che dopo un primo tentativo del Governo Borbonico di far mettere delle lanterne ad olio sulle finestre, che venivano prontamente rubate, padre Gregorio, sotto l’approvazione di Carlo III, consegnò ai fedeli più devoti delle immagini sacre, imponendo loro di appenderle fuori le case ed accendervi, per devozione, uno o più lumi ogni sera. La devozione religiosa impedì così ai malfattori di commettere il crimine del furto, e Napoli ebbe così, prima dell’istituzione dei lampioni ad olio, la sua illuminazione urbana.
Ancora oggi il nostro territorio custodisce un patrimonio ricco di innumerevoli testimonianze d’arte che ‘raccontano’ una pagina interessante di arte e di devozione popolare.